Nel calcio non si vince con i piedi, ma con la testa. Questo l’ho dimostrato in campo quando, senza allenarmi, mi inventavo azioni che lasciavano di stucco gli avversari. Tracciavo passaggi con precisione chirurgica e non è solo un modo di dire, perché ero anche medico. Pediatra, per l’esattezza. Per me il calcio è sempre stato un divertimento. Dovrebbe essere così per tutti. Avevo anche tante altre passioni. Quella per i libri l'ho ereditata da mio padre che era affascinato dalla cultura classica tanto da battezzare i primi tre figli con nomi greci: Sócrates, Sófocles e Sóstenes.
Dicono che se avessi avuto più disciplina, se avessi giocato più di quei 10 minuti a partita, sarei stato più grande di Pelé, il migliore nella storia del calcio. Ma ho sempre preferito il piacere di vivere. Amavo le donne, l'arte, il samba e la birra. Colpivo la palla di tacco solo per farvi sognare.
I miei esempi erano John Lennon e Che Guevara. Sono stato il faro di una squadra, il Corinthias, e di un'intera nazione. All'epoca della dittatura militare io e i miei compagni abbiamo stabilito la Democrazia in squadra: acquisti, allenamenti, trasferte. Ogni scelta passava dal voto. Uno spogliatoio come laboratorio politico. E lo scrivevamo sulle nostre magliette. Quando infine siamo riusciti a vincere anche il campionato, ci è stato chiaro: avevamo innescato una rivoluzione.
In Italia la mia avventura è durata poco. La saudade era troppo grande. Sono tornato a casa, alla musica, alla poesia, alle persone che per strada mi fermavano per chiedermi di curarle. E io andavo. Andavo anche dietro all’alcol. Non ho mai nascosto niente di me, né i difetti, né le sconfitte. Con la maglia verde oro non ho trionfato, ma da cittadino so che ho conquistato la vittoria più importante.
Sócrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira (Bélem, 19 febbraio 1954 – San Paolo, 4 dicembre 2011), è stato un calciatore e medico brasiliano. Capitano della Seleção nei mondiali 1982 e 1986, ha giocato per Botafogo, Corinthians, Flamengo, Santos; in Italia con la Fiorentina. Ha vinto tre campionati paulisti con il Corinthians: nel 1979, 1982 e 1983. È stato l’anima della democracia corinthiana, una gestione della società in cui giocatori, dirigenti e dipendenti decidevano assieme con il voto. Con questo esempio e con le sue dichiarazioni fu tra le figure di spicco a rivendicare la libertà per il Brasile durante la dittatura militare. Ritiratosi dal calcio, intraprese la carriera di medico e quella di commentatore sportivo. Disse: Vorrei morire di domenica, nel giorno in cui il Corinthians vince il titolo. E così accadde.